QUALE SOLIDARIETÀ
PER I POPOLI POVERI?
Contro la fame, cambia la vita! Quale solidarietà verso i popoli poveri?
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Il 24 novembre 2006 il missionario padre Piero Gheddo, fondatore dell'Editrice Missionaria Italiana (EMI), ha tenuto nel Centro Culturale "Amici del Timone" di Staggia Senese un incontro dal titolo "Contro la fame, cambia la vita! Quale solidarietà verso i popoli poveri?". Fu il primo in Italia a denunciare la vera situazione durante la guerra del Vietnam e i Khmer rossi in Cambogia. Ha scritto più di settanta libri e collabora con vari giornali (tra cui "Il Timone") e televisioni tra cui Rai uno. Direttore dell'Ufficio storico del PIME (Pontificio Istituto Missioni Estere). Il punto centrale messo in rilievo è stato che l'annuncio di Cristo aiuta i popoli a cambiare strutture sociali, culture, per migliorare la condizione umana, come dice Paolo VI nella Populorum Progressio: "Il Cristianesimo aiuta a passare da una condizione meno umana di vita ad una condizione più umana". Nel 1960 la FAO ha lanciato la prima campagna mondiale contro la fame e allora ogni dieci anni l'ONU lancia un decennio dello sviluppo.
PRIMO ERRORE: SONO POVERI PERCHÉ NON HANNO SOLDI (CAPITALISMO) Nel primo decennio, anni 60, la lettura del problema era questa: sono poveri perché? Perché non hanno soldi, perché non hanno macchine, non hanno commerci, non hanno tecnologie, e allora la prima soluzione che si è tentata è stata quella degli aiuti economici, dei piani di sviluppo, del mandare macchine, del fare commerci, ecc. Poi si è visto che i soldi da soli non producono sviluppo, girando per l'Africa padre Gheddo si è accorto che le capitali africane sono cimiteri di macchine che non funzionano, di industrie che non producono o che producono al venti per cento.
SECONDO ERRORE: SONO POVERI PERCHÉ SONO SFRUTTATI (MARXISMO) Nel secondo decennio, anni '70, si è passati ad una lettura marxista-rivoluzionaria: sono poveri perché sfruttati; colonialismo, neocolonialismo, la rapina delle materie prime; tutte cose vere perché è vero che lo sviluppo ha bisogno di aiuti, di macchine ed è vero anche che i popoli poveri molto spesso sono sfruttati: però non sono queste le radici del mancato sviluppo. A quel tempo: la Cina di Mao Tse-tung, la Cuba di Fidel Castro, il Vietnam di Ho Chi Minh, le "guerre di liberazione", in Africa combattevano per la liberazione, contro il capitalismo, contro il colonialismo. Poi alla fine degli anni '70 si è toccato con mano che la rivoluzione socialista, comunista, di liberazione, le guerriglie, non producevano sviluppo: questi modelli a volte idealizzati in Occidente, oltre a non produrre sviluppo, producevano sottosviluppo. Quando è morto Mao Tse-tung, il 9 settembre 1976, è salito al potere Deng Xiao Ping, che ha detto una frase tremenda: "La Cina deve recuperare trent'anni nel cammino verso lo sviluppo", poi spiegava che la rivoluzione culturale aveva distrutto tutto; non nominava Mao T.T., che ancor'oggi è un mito. In Cina è iniziata quindi una politica del tutto opposta a quella di Mao, proprietà privata dei mezzi di produzione e delle terre, ecc. In Cina c'è un capitalismo sfrenato con l'etichetta del comunismo. Conclusione, negli anni 70 si è visto che anche questi grandi modelli, la Cuba, il Vietnam, la Cina maoista non funzionavano.
LA RISPOSTA DELLA CHIESA: SONO POVERI PERCHÉ NON HANNO CRISTO Negli anni 80 c'è stato un momento di difficoltà per la lotta contro il sottosviluppo perché i popoli ricchi non sapevano cosa fare. Un fatto simbolico per la svolta è stato il discorso di Papa Giovanni Paolo II all'UNESCO, 3 giugno 1980, proprio sul tema educazione e sviluppo. Sono sottosviluppati perché? Perché non sono educati a produrre, alla democrazia, al rispetto dei diritti dell'uomo. Si è così incominciato a capire che, se lo sviluppo viene dall'uomo, viene dalla cultura, dall'educazione, prima che dal denaro o dalle leggi. Dieci anni dopo, nel 1990, Giovanni Paolo II, ha detto nell'enciclica Redemptoris Missio: "Lo sviluppo di un popolo non deriva primariamente né dal denaro né dagli aiuti materiali né dalle strutture tecniche...": non deriva primariamente, cioè non è che non ci voglia il denaro, ci vuole ma non basta; "... bensì viene dalla formazione delle coscienze, dalla maturazione delle mentalità e dei costumi.." e poi aggiunge ".. è l'uomo il protagonista dello sviluppo, non il denaro o la tecnica"; parole sacrosante, che il Papa non dice per scienza propria, ma perché questa è l'esperienza concreta dei missionari che lavorano tra i popoli poveri. I missionari portano Gesù Cristo, portano il Vangelo, e cosa hanno a che fare con lo sviluppo? "Il Vangelo è il primo contributo che la Chiesa può dare allo sviluppo dei popoli"; perché? perché è un input religioso che aiuta la maturazione delle culture, delle mentalità. Le culture cambiano e proprio attraverso il contatto con vari popoli e varie idee, le culture cambiano, umanizzandosi; al fondo della storia c'è Dio che guida la storia e i popoli migliorano le proprie condizioni anche attraverso il contatto culturale e la maturazione delle culture. Allo stesso modo anche in Occidente, dove è nato lo sviluppo in tutti i suoi aspetti, le nostre antiche culture erano molto nobili, basti pensare al diritto romano, le strade di Roma, la filosofia e l'arte della Grecia, però quelle filosofie quelle culture degli antichi romani, dei greci non producevano sviluppo perché l'uomo non era al centro dello sviluppo; chi ha messo l'uomo al centro? Il Vangelo di Gesù Cristo, non c'è niente da fare. E questo è quanto il mondo occidentale deve ancora scoprire. Il Papa dice in questa enciclica in questo numero 59: "La parola di Dio ha inserito nella storia dell'uomo lo stimolo e la meta per l'avanzamento dell'umanità ", e poi continua " lo sviluppo dell'uomo viene da Dio dal modello di Gesù, uomo-Dio, e deve portare a Dio; ecco perché tra annuncio evangelico e promozione dell'uomo, c'è una stretta connessione".
ESEMPI CONCRETI Padre Gheddo ha portato qualche esempio; due anni fa è stato in Indonesia, quando c'è una guerre tra tribù, il governo di Giacarta manda un comitato di pacificazione formato da 5 uomini di cui due cristiani nonostante che l'85% siano musulmani e i cristiani solo il 7%. Un alto funzionario del ministero ha spiegato: "Io sono musulmano, prego 5 volte al giorno, però voi cristiani avete qualcosa che noi non abbiamo: il senso del perdono. Non solo lo predicate, ma lo vivete, le vostre comunità, noi lo sperimentiamo, sono le più pacifiche; quelle che sanno perdonare. Noi nella nostra cultura abbiamo il senso della vendetta; la vendetta è sacra". Allora quando nel comitato di pacificazione incontrano un cristiano che parla di perdono, quel cristiano è credibile! Un altro esempio. I missionari del PIME lavorano da 150 anni in India, dove ci sono molti paria, fuori casta, che sono il 10-12% della popolazione. La prima cosa che hanno fatto i missionari è stata la scuola, per chi? per i paria; perché la gente di casta già ce l'aveva e non volevano i cristiani e i fuori casta. In un secolo e mezzo dall'educazione del popolo povero sono venuti fuori molti laureati diplomati, insegnanti, infermiere, politici, sindacalisti, che hanno tirato su tutta quella popolazione; e oggi il governo riconosce alle missioni cristiane, di aver dato un forte contributo alla redenzione dei paria; l'aiuto educativo delle missioni cristiane ha aiutato queste popolazioni ad evolversi. La globalizzazione che porta i popoli da lontani che erano ad avvicinarsi l'uno a l'altro, a integrarsi, a conoscersi, a bisticciare, a lottare, ma anche a collaborare, è un'occasione che il buon Dio offre agli uomini, all'umanità, proprio per una maggior ricerca del bene comune, di un modello di sviluppo più umano per tutti. E qui il cristianesimo ha una grande carta da giocare, per cui la globalizzazione, che può essere molto positiva, è una sfida per tutti; quale sfida? Dobbiamo convertirci a Gesù Cristo. Non c'è niente da fare. Poi possiamo dire tante cose, l'aiuto, i volontari e i missionari che diminuiscono, ma in fondo è questo: la nostra civiltà deve ritrovare le sue radici cristiane e la sua vita cristiana per poter rispondere a questa sfida di essere veramente fratelli dei popoli poveri. Del resto Madre Teresa diceva: "La più grande disgrazia dell'India è di non conoscere Gesù Cristo". Pare impossibile, con milioni di uomini che sono poverissimi e a volte soffrono la fame! Senza motivazioni religiose molto forti, e senza l'aiuto di Dio, non riusciremo a vincere questa sfida, da cui può nascere un futuro positivo per l'umanità. Per concludere Padre Gheddo ha ribaltato lo slogan "il venti per cento dell'umanità consuma l'ottanta per cento delle risorse e viceversa". La realtà è che quel venti percento PRODUCE (non solo consuma) quell'ottanta per cento! Dobbiamo aiutare quei paesi a svilupparsi mettendo al centro l'uomo con l'annuncio del Vangelo di Cristo!
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