Amici del Timone (Staggia Senese) n°27 del 23 luglio 2008

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ELUANA NON DEVE MORIRE
No alla pena di morte per fame di una persona viva!
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Mercoledì 23 luglio 2008, nonostante il periodo vacanziero e la natura complessa del tema, una settantina di persone hanno assistito all'incontro, ed hanno lungamente applaudito i relatori. In particolare, don Stefano, dopo la relazione di Giuliana Ruggeri, chirurgo dei trapianti all'Università di Siena rivolta evidentemente a tutti, ha sottolineato di parlare soprattutto ai credenti, riportando i passi ufficiali del magistero della Chiesa e dei Papi sull'argomento. La Chiesa si è sempre espressa in maniera chiara e netta, tanto che, a rigor di logica, ai cattolici che vogliano sentirsi davvero tali e non soltanto "autodefinirsi" tali, non è consentito tentennare sull'argomento, semplicemente perché i Papi sono stati e sono fermissimi nella materia. E si badi che le posizioni della Chiesa non sono legate ad argomentazioni di fede, ma di ragione; sono nient'altro che aderenti alla logica e all'essenza della natura umana.
C'è poi un problema giuridico molto serio, venuto fuori dal dibattito con i presenti in sala: ma in Italia, c'è o non c'è la pena di morte? E se è vero che non c'è, tanto che il legislatore l'ha rimossa perfino dal codice penale militare di guerra, come si spiega che ai giudici sia consentito condannare una persona alla morte per fame e per sete, consentendo che sia sospesa la idratazione e nutrizione della povera Eluana?
Si badi che Eluana è in stato vegetativo, che non è una fase terminale, anzi dallo stato vegetativo sono stati e sono tanti i casi di risveglio, anche dopo molti anni. Si tenga presente che Eluana non ha alcuna malattia, vive i tempi di sonno notturno e di risveglio, pur non potendosi muovere né potendo comunicare, viene amorevolmente assistita, ogni giorno, dalle suore misericordine, che la nutrono, la lavano, le fanno la fisioterapia, le parlano in continuazione e le fanno ascoltare musica. Le suore hanno rassicurato la famiglia di Eluana che sono disposte loro a prendersi cura completa della ragazza. Perché una ragazza in queste condizioni dovrebbe morire? Perché ci ostiniamo a considerare "non vita" una vita che è semplicemente disabile?
La parola che i laicisti ad oltranza spendono è "qualità della vita". Una parola che sta diventando sempre più pericolosa, e temuta dai cittadini. Se continua così, bisognerà presto pensarci bene prima di andare in ospedale. Agghiaccianti le conseguenze e gli scenari che si aprirebbero se la sentenza di morte per Eluana fosse veramente eseguita. Agghiacciante la domanda, secca, che un giovane del pubblico ha fatto ai relatori: ma i medici, in Italia, devono curare, o ammazzare?
Una domanda volutamente provocatoria, perché è ovvio che i medici devono curare. Ma come si fa a non reagire in maniera forte, risentita, come si fa a non mobilitarsi, quando si deve riscontrare, che nella prassi dell'ordinamento giuridico italiano viene surrettiziamente reintrodotta quella pena di morte (per giunta, non collegata ad alcun reato) che credevamo abolita in Italia.

Coloro che si battono contro la pena di morte dovrebbero avere anche la capacità di indignarsi, e di mobilitarsi, per difendere la vita di Eluana, per riaffermare la sacralità della vita, la sua intangibilità, la sua difesa dal concepimento alla morte naturale. Non si può essere contenti di aver eliminato la pena di morte per gli assassini e contemporaneamente essere a favore della pena di morte degli innocenti.

PER APPROFONDIRE
Leggi ne "L'avventura 2007" pagg. 18-21 "Eutanasia: la dolce morte" conferenza di Mario Palmaro a Staggia Senese

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